Diano l'esempio i genitori!

 Uno degli slogan del sessantotto era Vietato vietare.  Si cercava di uscire fuori da una società per molti versi fortemente ancorata al passato dove, in qualche parte del Sud, quando nasceva una donna si versava una brocca d'acqua sulla cenere del camino, mentre quando  nasceva un maschio, la brocca d'acqua veniva versata sulla strada. Rispettivamente, indicavano il focolare destinato alle ragazze e le vie del mondo aperte per i ragazzi.  

Col 68 vi fu un'esplosione  contro una società fortemente patriarcale e dove il padre - padrone dominava incontrastato-

 Vietato vietare, tutto e subito, noi prenderemo, noi occuperemo. Lotta dura e pura, un altro degli slogan di una rivoluzione che, come sostenne Paolo Mieli, fu il più grande sommovimento politico, sociale e culturale del dopo guerra.

 Sono lontani quei tempi, ma la volontà di vietare non è mai scomparsa perché è connaturata all'indole umana, soprattutto quando lo sviluppo della tecnica sconvolge dalle fondamenta il ritmo normale del vivere quotidiano.

Perciò, oggi, rispetto alla pervasività degli smartphone, dei tablet, alla mobile addiction

tutti vogliono imporre,  vietare, limitare giudicando con categorie mentali che fanno parte di un mondo antidiluviano, analogico, mentre i giovani sono nel digitale che sarà il loro mondo

 Ormai gli strumenti tecnologici fanno parte della quotidianità  del nostro tempo:non basta una circolare  per poterli eliminare dalla scuola  o limitarli in casa  per ordine dei genitori.

Il problema, credo, non è tanto il divieto, che  diventa una sfida per i giovani nel cercare di superarlo, quanto un problema di esempio. Si incominci col dare l'esempio, che, pur non essendo una vera  e propria categoria psicopedagogica, rappresenta una strategia basilare perché ha in sé una pluralità di processi educativi e di apprendimento.

 Diceva Platone nella "Repubblica": quis custodiet custodes? E già!  Perché se divieto deve esserci esso deve valere per tutti, anche per chi dovrebbero controllare alunni e figli.  

Infatti se i genitori vivono in una connessione continua, se i docenti non riescono a spegnerlo nemmeno durate le lezioni, scusate come fanno a vietarlo ai propri figli e agli alunni  che per definizione sono nativi digitali?  

Se per tutti, non solo per i giovani, cellulari, tablet rappresentano l'estensione del loro corpo, se tutti siamo caduti nella rete della mobile addiction e 

il naufragr m'è dolce in questo mare ...

forse il problema, allora, non è tanto di vietarne l'uso, quando nel dare delle regole non solo ai ragazzi, ma anche ai genitori e ai docenti;

 incomincino i genitori, soprattutto, a limitarne l'uso, dando così il buon esempio ai figli che, forse, capiranno che si può stare tutti insieme a parlare, ridere, ascoltare senza rinchiudersi in un mondo virtuale  che è fatto di dispositivi elettronici che possono portare alla distorsione della realtà, perché il mondo reale è fatto di persone che basta guardare in faccia per capirne sentimenti, emozioni, amore, solidarietà, empatia, odio, ipocrisia, falsità.

Senza dimenticare che ogni  grande rivoluzione comporta vantaggi e svantaggi  e che la tecnica è un fatto puramente tecnico, come affermava il sociologo Ferrarotti, è una perfezione priva di scopo, che non ha nessun fine da raggiungere e che tocca all'uomo definire, orientare, indicare le strade da percorrere, in quanto è sempre l'uomo a determinare, nel bene e nel male, la storia di ciascuno e di tutti.

  

 

Commenti