Film da "Oscar"
Il film di Paola Cortellesi, C'è ancora domani, è entrato nella corsa agli Oscar 2025.
Ufficialmente è stato candidato per le seguenti categorie: migliore sceneggiatura, migliore regia e migliore attrice protagonista, ma non in quella per il miglior film, perché per poter entrare nella top list, c'è bisogno che un film abbia una serie di requisiti molti stringenti di cui il film della Cortellesi è privo.
Comunque, i membri dell'Accademia hollywoodiana comunicheranno entro il 17 gennaio i migliori film che si contenderanno l'oscar la notte del 3 marzo, salvo che la data non slitti per il devastante incendio che ha colpito Los Angeles.
Certamente è stato il film più visto tra fine 2023 e 2024 con 36 milioni di incasso e oltre 5.000.000 milioni di spettatori. Indubbiamente un grande successo, anche fuori dai confini patri, che ha superato, al box office, anche Oppenheimer e Barbie.
Andai a vedere il film e, in verità, ho visto scorrere le immagini d una società che ho ben conosciuto, perché, come baby boomer, ho vissuto quel periodo in cui l'Italia cercava di venire fuori dal disastro politico, sociale, economico che la guerra aveva provocato.
Per me, niente di nuovo.
Ma capivo quegli applausi che arrivavano alla fine del film da parte di un pubblico femminile giovane che nemmeno immaginava quale fosse stata realmente la condizione della donna in quel periodo della storia nazionale.
Non rispondente al vero, a mio avviso, è stato il riferimento alle prime elezioni libere post belliche quando il popolo italiano fu chiamato il 2 giugno del 1946 a scegliere tra Repubblica e Monarchia perché, a mio avviso, la narrazione non corrisponde a ciò che effettivamente successe nelle prime elezioni libere postbelliche.
Sembra quasi che alla protagonista sia vietato recarsi a votare, per cui mette in moto una serie di stratagemmi non sempre comprensibili, per conseguire il suo scopo: depositare nell'urna la propria scheda elettorale.
Le donne, però, non ebbero assolutamente problemi per recarsi al seggio elettorale per esprimere il proprio voto sia per il Referendum, relativo alla forma istituzionale che doveva assumere il nuovo Stato che per l'Assemblea Costituente che avrebbe dovuto formulare i principi guida della Costituzione.
E questa considerazione deriva dall'esame dei dati, forniti dal Ministero degli Interni, da cui risulta che a Ceppaloni il 2 giugno del 1946 i voti validi per il Referendum furono 2866 di cui 1468 uomini e 1398 donne, su 3311 iscritti alle liste elettorali, di cui 1699 uomini e 1612 donne che determinarono il seguente risultato:
223 voti per la Repubblica
2410 voti per la Monarchia.
Quindi le donne votarono compatte, determinate, senza paura e, certamente, non ebbero alcun intralcio da parte di un patriarcato che era interessato più a orientare o, meglio, a imporre alle proprie donne per chi votare, che impedire loro di recarsi al seggio elettorale.
Anzi, in qualche realtà, come Baselice nell'alto Fortore, le donne contribuirono a determinare la vittoria della Repubblica sulla Monarchia, in quanto su 2028 iscritti alle liste elettorali esse rappresentavano oltre il 60% dell'elettorato.
Uno dei pochi paesi dove la Repubblica ottenne 1234 voti contri i 658 della Monarchia.
Un patriarcato duro a morire se a distanza di circa 80 anni si discute ancora della sua presenza in seno ad una società razionale, tecnologicamente avanzata, che, però, rende la vita delle donne un inferno!
Perché se allora l'uomo tendeva a sottomettere, umiliare, tenere la donna in casa per badare alla famiglia e alle pecore da portare al pascolo e spesso ricorreva anche alle maniere forti, oggi il patriarcato, dietro una facciata di modernità, nasconde un tratto maggiormente violento rispetto al passato perché se la moglie, la convivente, la fidanzata non "può averla per sé" , se non può più possederla, se non può più esercitare il proprio dominio, la uccide.
Beniamino Iasiello
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