10 febbraio: il giorno della memoria
La legge del 30 marzo 2004 ha istituito "Il Giorno della Memoria", per ricordare le vittime delle Foibe, dell'esodo giuliano - dalmata, delle vicende del confino orientale dell'Italia.
Ci sono voluti 60 anni per riconoscere la tragicità dei fatti accaduti nel settembre del 1943 e nei mesi di maggio e giugno del 1945, quando la guerra era già terminata: l' infoibamento e l'occupazione, da parte dei comunisti del maresciallo Tito, delle terre italiane orientali.
Per molti anni è stata una pagina della nostra storia dimenticata non solo dalla politica, ma anche dalla storia. Durante il periodo post bellico scese una sorta di silenzio di Stato su questi avvenimenti drammatici che si svolsero nel confine orientale del nostro Paese.
Bisogna attendere la caduta del muro di Berlino e del Moloch dai piedi di argilla del comunismo, dei mutati rapporti politici internazionali, della legittimazione parlamentare di forze politiche che fino a quel momento erano state considerate fuori dall'arco costituzionale(leggi MSI), perché in Italia si pigliasse coscienza della tragedia di quegli anni che vanno dal 1943 al 1945: quasi12.000 morti e circa 300.000 persone che abbandonarono le terre istriane e giuliane.
Le vittime furono militari, funzionari, intellettuali accusati di essere contrari al regime comunista jugoslavo o legati al partito fascista. I responsabili furono i partigiani jugoslavi di Tito: uccisero per vendetta e per non ostacolare l'annessione alla Jugoslavia.
Vi furono violenze , stupri, esecuzioni pubbliche per spaventare e spingere gli italiani ad abbandonare i territori destinati all'Jugoslavia.
Simbolo delle vittime della frontiere adriatica fu certamente Norma Cossetto, ricordata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella;
una giovane ventenne che, alla vigilia della discussione della Tesi all'Università, fu presa, con inganno, da partigiani jugoslavi, violentata ripetutamente da 16 aguzzini che, infine, le recisero i seni, spezzate braccia e gambe, e la gettarono ancora viva nella foiba di Surani.
La sua unica colpa era quella di essere italiana e di non aver voluto collaborare con i partigiani titini.
Ma cosa sono le foibe?
Sono inghiottitoi naturali tipici proprio delle aree carsiche che assumono la forma di un imbuto rovesciato e possono essere profonde oltre i cento metri.
Esse servirono per liberarsi dei corpi di chi era caduto negli scontri tra nazifascisti e partigiani e soprattutto per nascondere le vittime delle ondate d di violenza scatenate nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945 da parte del movimento di liberazione sloveno croato e delle strutture del nuovo Stato jugoslavo creato da Tito.
Ma vi furono anche deportazioni che in molti casi assunsero la forma di pulizia etnica anti italiana messa a punto dai comunisti jugoslavi già dal 1943.
Quegli anni rappresentarono un fenomeno complesso dove giocavano molti fattori nazionali e internazionali e Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, nel discorso tenuto il 10 febbraio del 2007, sintetizzò compiutamente il senso di tutto ciò che era successo: non dobbiamo tacere di aver negato o teso ad ignorare la verità per programma ideologico e cecità politica il dramma del popolo giuliano - dalmata, tragedia rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali; nell'autunno del 1943 si intrecciarono giustizialismi sommari e tumultuosi, parossismi, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana da quella che era e cessò di essere la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica.
Fermamente convinto che ricordare sempre resti l'unica "arma" per difenderci dagli orrori che la mente umana partorisce e contro i quali ogni cittadino, deve opporsi, lottare perché un futuro di pace può nascere soltanto dalla ricchezza delle pluralità delle nostre esperienze che dovranno orientare il nostro cammino.
Beniamino Iasiello
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